La leadership del futuro è leaderless

La Leadership del futuro è Leaderless: il Leader del futuro è meno Leader, meno capo, ma soprattutto meno controllo

Il 09 luglio 2019 pubblicavo su Kongnews questo articolo, con questo sottotitolo. Oggi è arrivato quel futuro lì. Oggi non solo come capi non possiamo pensare di conoscere tutto ma non siamo in grado di sapere nemmeno quando potremo riprogrammare le nostre riunioni, non possiamo fare prognosi sui fatturati e non possiamo sapere se e quanti clienti dopo non solo ci aspetteranno ma saranno in grado di richiedere i nostri servizi. Non possiamo sapere come evolverà il nostro business e nemmeno di cosa ne sarà del settore in cui lavoriamo, qualunque esso sia. Tutto è connesso, tutto è sospeso in un vuoto che ci pare quasi surreale. A Luglio parlavo delle quattro capacità del leader del futuro che oggi, a distanza di nemmeno un anno dobbiamo improvvisamente esercitare: non conoscere, non esserci, non produrre, non parlare. Rileggo, lo riporto sul mio sito che allora non avevo e rifletto. Rifletto su come questi non si siano materializzati improvvisamente e NON eravamo preparati.

Leaderless: perchè less is more, oggi più che mai

Nel mondo digitale ed in un mondo che ormai con fare quasi modaiolo definiamo VUCA, la parola d’ordine è “less”, cioè “meno” o meglio “senza” (Leaderless = senza Leader). Esatto: il Leader del futuro è meno Leader, meno capo, ma soprattutto meno controllo, visto che comunque quello ce lo scordiamo. Questo non significa far andar tutto alla deriva e nemmeno non sapere che pesci pigliare in tutto sto navigare nel mare della volatilità, dell’incertezza, della complessità e dell’ambiguità. Leaderless ovvero “without” Leader che pensino “ti dico io come fare”“il capo sa certamente di più” oppure “il capo è il più esperto di tutti” (situazione tra l’altro che ha portato in tante aziende ad avere pessimi Leader che avrebbero semplicemente dovuto rimanere a fare gli specialisti). Leaderless significa soprattutto avere la “capacità del non”. Non cosa? Direte. Non, punto. La capacità del non è proprio ardua da imparare, soprattutto per chi è abituato a fare il manager e a dirigere e gestire e dare ordini a destra e manca. Cerco di riassumere brevemente quello che intendo e quali sono i non più importanti.

La capacità di non conoscere

E qui si apre il primo capitolone. Per un manager che ha sempre fatto i numeri con il suo gran bel gestire e con i piani strategici quinquennali, non è affatto semplice. Qui, infatti, è richiesta una competenza mica da ridere: da un lato i Leader devono accettare umilmente un dato di fatto e cioè che non possono sapere dove andremo con certezza a parare in questa mutazione digitale e quindi devono tollerare – e sottolineo la parola tollerare – di non sapere. Ma non finisce qua. D’altro canto, quindi, devono pure essere in grado di disimparare il superfluo e soprattutto tutto ciò che è vecchio e frenante, gli schemi adottati fino ad ora, le regole che valevano prima ed i processi che non funzionano più. In altre parole, devono imparare a disimparare. Una volta che ci siamo ripresi da questo choc di cultura manageriale, che trovava fondamenta solide dai Malik e Drucker o Kotler della situazione, possiamo continuare con il secondo non.

La capacità di non esserci

Nel senso che come Leader vieni pagato, e spero pure bene! Altrimenti perché prendersi pure maggiori responsabilità? Ma praticamente devi imparare a non stare tra i piedi dei tuoi collaboratori in continuazione ovvero devi saper lasciar andare. Capiamoci, non intendo che adesso il Leader si vada a fare una partitina a Golf e lasci i suoi collaboratori a sgobbare sotto il caldo di luglio, ma intendo la capacità di lasciar andare, un po’ come quando lasci tagliare la carne da solo a tuo figlio (e attenzione che qualcuno la taglia ancora ai figli di dieci anni!).

Oggi non possiamo esserci, almeno fisicamente, ci mancano i nostri collaboratori, il nostro ufficio, il nostro vecchio modo di fare le riunioni, eppure dobbiamo fidarci, di quello che accade anche se non siamo lì, con loro, come prima.Dobbiamo saper lasciar andare, volenti e nolenti.

La capacità di non produrre

Ok direte, ma adesso un Leader, magari pagato pure il doppio dei suoi collaboratori, deve pure non produrre? E il bonus come se lo guadagna? Creando valore. Quello deve essere il suo prodotto. Valore per il cliente, valore per i suoi collaboratori, valore per l’azienda, valore per i fornitori, valore per l’intero ecosistema. La parola “valore” deve diventare un mantra che risuona come il gong di un tempi buddista.

Oggi non solo non dobbiamo avere la produzione in mente come unico fine ma non possiamo produrre. Siamo costretti a pensare ad altro, a cosa possiamo ottimizzare, a cosa possiamo cambiare dei nostri processi, a cosa possiamo semplificare, a cosa possiamo imparare mentre aspettiamo di ripartire, per un dove che ancora non sappiamo bene quando e come sarà. Rivediamo i contenuti perché tanto, rivediamo il valore, il nostro e quello che siamo ora in grado di dare ma soprattutto quello che vogliamo dare domani, quando tutto questo sarà finito.

La capacità di non parlare

Ultima chicca, e di questa vado davvero fiera anche se, lo ammetto spudoratamente, devo esercitarmi un pochino di più pure io su questo ultimo “non”. Diciamo che la consapevolezza è già un buon punto di partenza, ma questo è un altro tema. Ritorniamo all’ultima perla della quarta ostrica, il “non” più importante: la capacità di non parlare. Mia nonna Germana diceva “Magna e tasi” che in dialetto trentino significa “mangia e taci”. Nel nostro caso potremmo dire: “Osserva e tasi”. Sì insomma, ma perché, come capi, sempre e comunque dobbiamo dire la nostra? Perché durante un colloquio di valutazione con il collaboratore dobbiamo sentirci in dovere ed obbligo di parlare per il novanta per cento del tempo senza poi aver capito un piffero delle motivazioni del nostro collaboratore?

Da Sun Zun a Dinouart

“L’arte della Guerra”, libro maestro per molti manager (ed alzi la mano chi non lo ha letto o non si è almeno messo nei buoni propositi di inizio anno di leggerlo), non serve più nel mondo VUCA. Bam, superato. Quindi se non lo hai letto, leggilo per capire perché sto dicendo che è superato altrimenti non potrai replicare che sto dicendo una “cazzata”. Anzi, si può scrivere così oppure vengo censurata? Insomma, direi che “cazzata” nel mondo dei manager è un po’ come il “petaloso”di quel bambino che poi lo ha fatto diventare un termine da dizionario. Fa parte del vocabolario manageriale no? Comunque (ecco parlo, anzi, scrivo troppo), fatto fuori il nostro Sun Zu dell’arte della guerra, con qualcosa o meglio qualcuno dovremo pure sostituirlo. No problem, salta fuori dal cilindro magico del VUCA moderno, l’Abate Dinouart. Altra arte la sua, ma perfettamente pertinente all’ultimo “non”: l’arte di tacere!

Parola d’ordine oggi: taci!

Già a luglio 2019 per me questo quarto non era una chicca. Oggi è un dovere, per il bene di tutti, a favore di una intelligenza collettiva che si è rivelata sfociare in una stupidità globale, perchè tutti, ma proprio tutti, si sono arrogati il diritto di parlare, come fossero tutti virologhi, economisti oppure esperti di comunicazione di crisi. Tacere: ecco questa non è solo la capacità di un leader ma quella che tutti dovremmo esercitare, adesso. Attenerci alle regole e tacere.

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